Già. Dicono che il basket femminile faccia schifo, non sia uno sport seguito, si segni poco e in maniera poco elegante, non si schiacci mai, si sbaglino i terzi tempi e che è solo una gran confusione di gentili sesso che fa avanti e indietro sul parquet senza però avere lo straccio per tirarlo a lucido. Tante amenità simili dovute al peccato originale di cui è intrisa la nostra società.
Per tutte queste cose che si dicono, sarebbe molto più facile mollare ed arrendersi subito, lasciando la palla a spicchi nell’armadio dove si nascondono i vestiti che non piacciono più. E invece no, non bisogna darla vinta a chi dice queste cose. Ginocchia gonfie, lividi, graffi, diti insaccati, nasi sanguinanti, insulti di chi dice che non è uno sport per femmine. Spesso è questo che accompagna le giocatrici nell’arco di tutta la loro carriera.
Ma i sogni non sbiadiscono con le cattiverie. Spesso si rafforzano. E una bambina che oggi sceglie di provare a giocare a pallacanestro, ha contribuito a spezzare il giogo di chi non guarda al di là delle differenze di genere.
La storia delle Meravigliose della Vito Lepore
Sophie, Alice, Alice, Angelica, Antonia, Antonia, Bea, Andrea, Carla, Cloe, Elvira, Ely, Gilda, Monica, Sara, Sofia, Annachiara. Queste le piccole giocatrici di cui ci occuperemo oggi. Primo loro campionato in assoluto. Giocano insieme da un anno e mezzo circa con una delle franchigie storiche del basket Avellinese. Campionato Under 13 (un poker di dodicenni, le altre ne hanno 11 mentre addirittura ce ne sono quattro di soli 10 anni). Ieri hanno vinto a Battipaglia lasciando le avversarie a 10 punti e segnandone 46. Si fanno chiamare “Le meravigliose”. Da quello che ci ha raccontato chi le ha viste, hanno grandi potenzialità e tanta voglia di farcela.
La loro coach, Maria Teresa Borneo, ha cresciuto tante generazioni di piccoli cestisti avellinesi ma, ovviamente, poter allenare una squadra femminile è una delle cose che le dà più soddisfazione. Grande merito va riconosciuto anche ai genitori che hanno supportato le scelte sportive delle loro figlie e all’altro coach Donato. Ma lasciatecelo dire, sono le meravigliose a dover essere orgogliose innanzitutto di loro stesse. La passione c’è, la voglia pure, la bravura non manca. Ora testa alla prossima partita ma con la certezza di avere una marcia in più data dal tifo di tutti gli appassionati di basket avellinesi.
La situazione del basket avellinese femminile
Avellino città rimpiange i bei tempi che furono. Oggi oltre alla squadra di cui abbiamo scritto sopra, c’è ben poco altro. Andiamo a memoria, ma attualmente crediamo che il capoluogo possa vantare solo una squadra in serie C e una under 14 sotto i colori dell’ACSI Basket.
Chi scrive ricorda ancora i tempi di Elena Bellastella & company, ma pure quelli della quindicenne Mabel Bocchi che nel 1968 giocava nella palestra del convitto Colletta con la maglia della Partenio. Esempi fulgidi di cosa fosse il basket femminile ad Avellino ancora prima della Scandone e di tutto il movimento cestistico maschile.
Noi siamo quelli lì. Anzi, siamo quelle lì. La storia non si cancella. Ed ora sono le nostre figlie (figlie dell’Avellino che ci piace) che ripercorrono il solco scavato da chi è venuto prima di loro, Silvia di Iorio compresa (partendo da promettente giocatrice delle giovanili della nazionale, l’anno scorso ha acquisito il patentino di allenatrice di minibasket). Perché il basket è passione. Perché il basket è ammmmmore.