Il re è nudo. C’è da dire che è nudo già da qualche anno. Anche nelle serie maggiori si susseguono errori marchiani. In quelle minori non ne parliamo. Lì nessun errore, possiamo tranquillamente parlare di orrori. Escludendo sempre la malafede, l’impreparazione, l’inadeguatezza e la pochezza sono palesi.
Era il 2018, un lustro fa, quando un costernato Livio Proli, l’allora Presidente dell’Olimpia Milano, intervistato dalla Gazzetta dello Sport dopo la vittoria dello Scudetto affrontò la questione arbitri, senza mezzi termini:
Ci sono società che fanno investimenti milionari e poi il risultato è in mano a dilettanti. Se siamo club professionistici, gli arbitri devono esserlo altrettanto. Non ce l’ho con loro, ma qualcosa non va.
Parole durissime di un presidente che, a sentire i presidenti delle altre squadre, avrebbe avuto poco o nulla da lamentarsi. Ed ì questa la cosa che fa più riflettere. L’inadeguatezza dei grigi causa un cortocircuito per il quale non c’è squadra che non “vanta” errori macroscopici. Nessuno, ormai, crede nella capacità di questo sistema arbitrale di sostenersi e migliorare. La strada sembra sterrata e piena di buche. Difficile riprendere in mano le redini di una categoria allo sbando.
Nelle serie minori, poi, davvero spesso chi commenta si trova dinanzi dilettanti allo sbaraglio. Non vedono, non fischiano, a volte sembrano non conoscere neppure l’ABC del regolamento. E purtroppo ciò non capita due o tre volte all’anno. Gli arbitraggi scevri da errori si contano davvero sulle dita di una mano nel corso di tutto il campionato: sia tra i professionisti che tra i dilettanti sono sempre gli arbitri ad uscirne il più delle volte coi voti in pagella mediocri.
Non è un “dagli all’arbitro”. Lungi da noi. Rispetto per le regole e rispetto per chi le fa rispettare. Quello sempre. Detto questo, riteniamo che sia necessaria una presa di coscienza. Tranne rare eccezioni, i fischietti del basket non riescono a terminare una partita senza scontentare entrambe le squadre sul parquet. Nessuno chiede ad un arbitro di disputare sempre la partita perfetta. Ma in campo ce ne sono tre e due fino alla serie B interregionale. Col peso di una decisione ricadente su un solo fischietto avremmo magari capito, ma con altri due o quattro occhi a guardare la stessa azione le cose si fanno leggermente diverse.
Ultima polemica, in ordine rigorosamente di tempo, la fa Legnano dopo una sconfitta arrivata quando, a pochi minuti dalla fine erano sul +14
Purtroppo, nostro malgrado, dobbiamo in questo caso sottolineare la poca preparazione tecnica e soprattutto la poca preparazione relazionale, della coppia arbitrale. Per un movimento, come quello cestistico, che sta andando alla deriva incontrollata, il solito autogol che sta diventando sempre più frequente in tutte le categorie.
Bene. Lo sfogo di Legnano e quello di Proli, a cinque anni di distanza, ci mettono di fronte ad un gravissimo problema. I campionati e i match debbono essere decisi dalle capacità dei giocatori, dagli errori dei coach, dalla giocata spettacolare sulla sirena e non dalla scarsa preparazione dei fischietti. Data ancora una volta per scontata la buonafede non possiamo assistere a partite (e facciamo l’ultimo esempio) come Salerno-Scandone Avellino decisa da un fallo non fischiato sulla tripla del pareggio dei biancoverdi e su un “passi” grande quanto un armadio a 6 ante del pivot di casa a cui invece viene regalato un fallo inesistente. Intendiamoci. Salerno è stata brava a crederci e i due punti sulla sirena sono neppure di ottima fattura ma da NBA Finals. Non è questo in discussione. Ma siamo certi che la stessa squadra di casa, uscendo sconfitta invece che vittoriosa, avrebbe avuto di che lamentarsi dei fischi dei due grigi. E’ questo che non è accettabile. Gli arbitri debbono accompagnare la partita, dovrebbero essere meno protagonisti possibile. L’arbitro migliore è quello che non si fa notare. Quando invece fischiano e hanno atteggiamenti da protagonisti non hanno capito una cosa: i protagonisti sono i dieci giocatori in campo, quelli in panchina, i coach e persino il pubblico a volte. Loro no. Il protagonismo non dovrebbe essere contemplato. Ed invece spesso decidono che il parquet debba diventare il palco dove dimostrare il loro talento. Peccato che spesso su quel palco manchi soltanto Corrado e il maestro Pregadio. Dilettanti allo sbaraglio.
Ricapitolando: nessuno vuole mettere al rogo le streghe. Nessuno vuole colpire una categoria. Ma crediamo fermamente che ci sia un grave problema che è endemico nella classe arbitrale. Ed è probabile che il discorso si possa estendere dal basket anche ad altri sport. Noi abbiamo lanciato questa pietra nello stagno. Dopo aver dato un nuovo assetto ai campionati non sarebbe l’ora di rivedere anche il percorso che porta un arbitro dai parquet di periferia alle serie maggiori? Siamo sicuri che il sistema delle promozioni alle categorie superiori premi i migliori? Siamo sicuri che i dirigenti, gli osservatori e tutta la “casta” abbiano la volontà di non autoalimentarsi e autoincensarsi?
Questi i nostri 5 cent. Se qualcuno vorrà rispondere saremo felici di dargli spazio su queste stesse nostre pagine.